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Partire per la Thailandia per una semplice vacanza e ritrovarsi alla guida della nazionale di pallanuoto femminile: è questa l’incredibile storia di Daniele Ferri, il trentaduenne di Prato che lo scorso 15 giugno ha portato il proprio team in cima al podio dei SEA Games, la più grande manifestazione sportiva d’Oriente.

Una vittoria epocale strappata di forza ai rivali storici di Singapore e Malesia, una straordinaria impresa che ha fatto del coach toscano un vero e proprio mito, tanto da essere invitato - in soli 20 giorni - da 12 trasmissioni televisive e persino dal primo ministro del regno.

“Sfruttai il viaggio per incontrare un dirigente della squadra, contattato tramite un amico - spiega Daniele in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano - Lui mi fece subito un’offerta pazzesca: diventare il nuovo allenatore a 1300 euro al mese, più alloggio e un volo all’anno per l’Italia”.

Pensando poi al suo passato, il giovane pratese continua: “Ero insoddisfatto e annoiato. Mi occupavo delle vendite per un’azienda informatica, ma non mi sentivo sfruttato per le mie capacità; ho una laurea in Economia e facevo una cosa che avrebbe potuto far chiunque”.

Appassionato di pallanuoto già all’età di 11 anni, Ferri ha giocato in serie B e C fino ai 27, occupandosi anche della preparazione tecnica di un club femminile di Firenze. Quando nel 2013 giunse in Thailandia, la situazione non era esattamente delle migliori: “L’importante per loro era partecipare ai tornei, non vincerli. Avevano poca tecnica ed erano abituate ad un solo allenamento al giorno. Nessun esercizio fuori dall’acqua, nessuna attenzione al regime alimentare. Appena sono arrivato ho detto ‘dobbiamo conquistare il podio ai Sea Games’, ed ho cambiato le regole”.

Soddisfatto dei risultati raggiunti, Daniele parla di come la vita l’abbia abituato a superare qualsiasi tipo di difficoltà, riferendosi in particolare ai 3 interventi chirurgici subiti: “I medici mi hanno dovuto allungare la tibia e il femore di 18 centimetri, altrimenti un arto sarebbe rimasto più corto dell’altro. Ho portato le stampelle due anni da piccolo e fino ai 17 anni ho giocato con le gambe di altezza diversa. Il mio problema fisico è però diventato il mio punto di forza”.

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